Manifesto per un’esondazione pilotata

Fine,
Apocalisse,
Niente da dire,
Niente da fare,
Fottuto,
fottuto cane bastardo,
Fuori,
Ba,
Ba.

Ebbene,
nell’acqua fummo generati, nell’acqua torneremo: smettiamola di resistere, di arginare, ma lasciamo che i fiumi esondino, che le maree ci abbraccino, che le piogge ci svelino. Lo vedete, lo vediamo, affondiamo, affondiamo! Che l’attacco finale ai centri, alle oramai morenti città, all’urbano, al decoro, al capitale, stia venendo proprio dalla catastrofe? Cavalchiamo la catastrofe! Acceleriamo l’Apocalisse.
Se la catastrofe è ormai scientificamente inevitabile, un destino, l’Apocalisse per l’appunto, ecco, allora facciamone una necessità, uno stile! Ci diciamo ormai è tardi, ormai è troppo tardi, ormai e troppo troppo tardi…che l’acqua ci sommerga quindi. Non dovremmo aspettare l’estate per “andare al mare”.

Il piano è questo:
Rompiamo i margini di tutti i fiumi, facciamo defluire le maree, smettiamola con il controllo dei flussi e delle acque e ripensiamo le nostre città ammollo.
C’è un mondo da re-inventare!

Venezia affonda! E facciamola affondare! Una città sommersa, un’immensa Atlantide sarà. Immaginate che incredibili tour subacquei! Immaginate finalmente una Venezia sotto e una Venezia sopra, città ancora più sorprendente dunque, città nuova, città doppia, estendiamoci, distendiamoci, sopra e sotto e sul filo.
Venezia, date le sue peculiari caratteristiche, potrebbe essere il primo grande CANALE di sperimentazione. Che cosa abbiamo da perdere? Non è forse Venezia un immenso parco giochi consumato, un fantasma di urbe che subisce flussi fagocitanti di zombie socialmediati, di promotori culturali, di biennali deprimenti. Facciamo che l’acqua resetti tutti questi, che ci restituisca quel piano liscio da cui iniziare nuove traiettorie che finalmente perforino le striature del mercato biopolitico.

A man and woman swim in flooded Piazza San Marco (St. Mark’s Square) in Venice, Italy, on November 11, 2012

Architetti, artisti, urbanisti, commerciati, filosofi, rivoluzionari… unitevi! C’è la città del futuro da immaginare!

E la città del futuro è fatta da terre sommerse, da un mondo fluido e iperconnesso.
Che i centri si trasformino in enormi piscine e le periferie divengano gli anelli di trasmissione, i nodi di interscambio, le isole di osservazione, le zone di raccordo.
Che i fluidi riformino la nostra cultura, che si facciano specchio del virtuale.
Costruiamo città verticali, sempre più verticali, volanti, oppure no, tunnel su tunnel su tunnel sommersi, rizomi e passaggi segreti, oppure sul filo, raso, raso, ad accarezzar il fluir delle acque.

© Cristiano Toraldo di Francia. Superstudio, Salvataggi di centri storici italiani (Italia vostra), Firenze, 1972

Finiamola di adottare il buon-senso o di farci soggiogare dal nero-vuoto di una forma-di-vita tutta da inventare. Acceleriamo una mutazione biologica e genetica, facciamoci crescere le branchie così da poter agilmente viver sopra e sotto. Dotiamo gli spazi di funzioni nuove, a partire dalla condizione madre di una perdita di flussi, da un orizzonte terra-mare dipinto di migrazioni continue dove i centri e le zone di ridondanza accarezzino il pelo dell’acqua per farsi piacere e desiderio.
Perciò consideriamo l’apocalisse come una possibilità e giochiamo d’anticipo.
Del resto siamo fatti d’acqua, e che l’acqua torni all’acqua, millenni di asciutto sono ormai una parentesi tra l’origine e il futuro.

E quindi apriamo i rubinetti signori! Allaghiamo le nostre case, esondiamoci dall’interno, attiviamo mutazioni antropogenetiche, divenir-pesce, divenir-sardine, inondiamo il centro, abbandoniamo le città-dysneyland, ormai vendute ed invivibili per fondare una nuova civiltà dell’acqua.

Dottor Mercallis

[25/11/2019]

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